Da piccola e per molti anni ho avuto una gatta. Era molto più di una gatta in realtà: era madre di infinite cucciolate di gattini, era mia compagna di giochi (mi piaceva vestirla da barbie e portarla in giro nel passeggino delle bambole. A lei non piaceva però) era un’ottima massaggiatrice (presente il tipico massaggio del gatto?) e infine era un cacciatore.
Quando riusciva a cacciare un topo di campagna, era così fiera e orgogliosa che simulava un verso quasi umano per attirare la nostra attenzione, voleva che anche noi fossimo fieri di/e con lei della sua impresa incredibile di essere riuscita a cacciare un topo!
La mia impresa impossibile di questo periodo è stata la confezione di ben due gonne! Per entrambi i modelli mi sono ispirata alla bellissima Kim Novak, tanto elegante quanto inquietante nel film Vertigo.
E’ una grandissima soddisfazione indossare un capo che ti calza a pennello, che rispetta e accompagna le tue curve, un capo che hai tenuto tra le mani, a causa del quale ti sei bucata le dita più volte con l’ago, che ti ha procurato un discreto mal di schiena ma che (vuoi mettere la magia!) hai trasformato da semplice scampolo acquistato a poco prezzo in indumento di medio-alta sartoria!
La prima gonna realizzata è un tubino-longuette a vita alta in una stoffa di lana tipo tweed nei colori nero e cammello.
La seconda è una mezza ruota anni ’50 realizzata con una stoffa piuttosto rigida nera.
Il merito per questa impresa riuscita è di una brava maestra di taglio e cucito e probabilmente anche della zia Dora, la zia sarta dalla quale ho trascorso qualche estate a Roma che ha depositato in me questo desiderio mai spento di cacciare topi.